La guerra e la crisi attuale
L’intervento dell’imperialismo russo in Ucraina si colloca all’interno di complesse dinamiche storiche che intrecciano conflitti regionali e geopolitici più ampi.

La guerra in atto potrebbe essere un acceleratore di processi di lunga durata: l’instabilità e la crisi del capitalismo mondiale, soprattutto nel suo modello di sviluppo occidentale, la crisi dell’egemonia USA e il progressivo spostamento del baricentro economico-politico ad Oriente. Per quanto riguarda il primo punto, è possibile ricostruire una tendenza alla concentrazione del capitale nell’attuale configurazione del capitalismo, che ha portato alla formazione di grandi oligopoli. La continua esplosione delle contraddizioni in crisi accentua uno degli elementi di instabilità del sistema: l’iper-concorrenza di mercato su scala globale. La saldatura tra gli interessi dei grandi oligopoli con gli stati nazionali comporta il possibile spostamento della competizione dal piano del mercato al piano politico e militare. Questo fenomeno emerge dalle pratiche imperialiste crescenti negli ultimi decenni. Tuttavia, è fondamentale sottolineare la specificità della congiuntura storica che stiamo vivendo: caratterizzata dalla risposta americana alla crisi della propria egemonia, anche a seguito dell’ascesa economica della Cina. Il possibile spostamento del baricentro mondiale è il tema centrale che emerge dai numerosi processi appena menzionati. Per approfondire e chiarire queste questioni vogliamo presentare, senza pretesa di esaustività, due prospettive teoriche in merito all’imperialismo e alla lotta per l’egemonia.
Il rapporto tra l’imperialismo e il capitale

Harvey colloca l’imperialismo soprattutto nella sua teoria della formazione delle crisi. La caduta del saggio di profitto e i processi di sovraccumulazione del capitale possono causare lo Spatial Fix o Spatio-Temporal Fix. Harvey, attraverso questo concetto, teorizza quei processi di ristrutturazione spazio-temporale del capitale che ridisegnano la geografia del capitalismo nel tentativo mai definitivo di superare le contraddizioni. Alcuni elementi di questa riconfigurazione possono essere gli investimenti in capitale fisso, dunque in progetti a lungo termine, per assorbire eccedenze di capitale producendo spazio (infrastrutture fisiche e sociali). L’innovazione delle infrastrutture riduce i costi di circolazione del capitale e permette una maggiore realizzazione del plusvalore (cioè facilita lo scambio di merci). Harvey intende lo Spatial Fix anche come espansione geografica del capitale, quindi l’apertura di nuovi spazi per l’accumulazione capitalistica. In questo senso interviene anche un altro processo: the Accumulation by dispossesion. Harvey riprende in questo modo il concetto di accumulazione originaria di Marx estendendolo all’intera storia del capitalismo. L’accumulation by dispossesion implica quei processi di accumulazione attraverso l’espropriazione di altre forme di produzione o la sussunzione formale di esse nuovi processi di mercificazione, la conversione di commons in rendite monopolistiche, pratiche legali-illegali finanziarie, politiche del debito (in questi casi interviene la mediazione dello Stato). Nell’ottica di Harvey, lo Stato, per mantenere potere o accumularlo, è costretto ad intervenire per attrarre capitali in competizione con gli altri Stati. Inoltre, esso può cercare di scaricare i processi di svalutazione sulle altre nazioni o intervenire per favorire le proprie imprese: in questo modo avviene il passaggio a pratiche coloniali (si pensi nuovamente alle politiche del debito ai danni di Messico e Argentina nel secolo scorso oppure al recente caso della Grecia). Nelle dinamiche imperialiste non intervengono soltanto i rapporti economici, ma anche sociali, politici e ideologici; perciò, è fondamentale discutere la questione dell’egemonia. In tal senso leggere Arrighi, interlocutore di Harvey, può aiutarci; perciò, osserviamo in sintesi la grande narrazione che propone.
La crisi dell’ egemonia USA e il possibile spostamento del centro economico e politico del mondo
La prospettiva di Arrighi,nonostante alcuni limiti teorici e metodologici,ci pone davanti molteplici interrogativi suggestivi e attuali. I concetti di Harvey, menzionati in precedenza nella considerazione sull’imperialismo, entrano nell’analisi attorno al concetto di egemonia di Arrighi, attraverso il quale articola la grande narrazione dell’espansione del sistema-mondo. In estrema sintesi, egli pensa che le strutture del sistema-mondo moderno siano costituite dall’economia-mondo capitalistica. La sua storia di espansione avviene attraverso uno sviluppo ineguale che si traduce sul piano delle relazioni interstatali in un ordine gerarchico dal centro alla periferia. Lo sviluppo dell’economia-mondo capitalistica procede attraverso cicli di espansione e contrazione; dunque, diverse fasi di accumulazione guidate dal centro egemonico. Le egemonie nella storia di questo sistema sono state quelle iberico-genovese, olandese, inglese e infine statunitense.
I cicli differiscono per quanto abbiano punti comuni, in particolare la crisi dell’egemonia avviene in una fase di stagnazione e crisi della profittabilità. Allo stesso tempo, l’acuirsi della concorrenza di mercato e la lotta di classe indirizzano uno spostamento verso una concorrenza inter-capitalista a somma zero e verso una finanziarizzazione del processo di accumulazione del capitale per restaurare temporaneamente nel centro, ancora egemonico ma in declino, la profittabilità.
Per egemonia, in questo caso, Arrighi intende quel potere addizionale che interessa il blocco di potere di un certo Stato in virtù della capacità di guidare il sistema-mondo in una direzione che non soltanto serve i propri interessi, ma è anche percepita dagli altri Stati subordinati come utile all’interesse generale. Quando avviene il passaggio, menzionato in precedenza, ad una concorrenza inter-capitalista a somma zero, l’egemonia diventa dominazione; dunque, non soltanto colpisce gli interessi degli altri, ma è anche percepita come dannosa.

Una breve descrizione dell’analisi storica di Arrighi dell’ultima egemoniaci permette di offrire alcuni spunti di riflessione sull’attuale crisi.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per Arrighi, gli USA costituiscono la propria egemonia formando un sistema Warfare–Welfare State, basato sugli stimoli all’accumulazione capitalistica attraverso la spesa militare per la protezione dei paesi capitalisti e la spesa sociale per il loro sviluppo (es. Piano Marshall). I primi segnali di crisi emergono con la lotta di classe per richiedere l’aumento della spesa sociale, l’ascesa di nuovi competitors come la Germania e il Giappone e la rivolta del Sud del mondo escluso. La disfatta in Vietnam sancisce la crisi dell’egemonia americana.
Dopo gli anni 70’, il processo di finanziarizzazione del capitale con la fine dello standard aureo, l’inflazione, un nuovo sistema di cambi flessibili, la febbre speculativa e la contro-rivoluzione monetarista guidata dagli USA, che sposta l’economia americana sul lato della domanda attraverso canali finanziari, determinano quella fase di rivitalizzazione dell’egemonia statunitense e della profittabilità. Tuttavia, gli USA diventano più dipendenti economicamente, in quanto importatori in ultima istanza, e danno vita ad un sistema instabile sia sul piano finanziario sia su quello sociale. La definitiva crisi di quest’egemonia per Arrighi è il fallimento del progetto di creazione di un impero-mondo con le guerre in Medio Oriente.
Conclusioni
Questo scenario è ulteriormente evoluto, come sottolineato dallo stesso Arrighi, con l’ascesa economica della Cina. La guerra in Ucraina accelera questo processo di lunga durata, attraversato da tensioni geopolitiche, di spostamento dell’egemonia. Seguendo la narrazione di Arrighi, è possibile prevedere una fase storica di profondi conflitti attorno al tentativo statunitense di riaffermare la propria egemonia. Le domande teoriche che ci dobbiamo porre sono: ci troviamo di fronte ad un nuovo secolo americano? O è ormai inesorabile lo spostamento dell’egemonia a Oriente? È possibile un nuovo ordine multilaterale e più equo?
La domanda politica, associata alle questioni di ricerca, è: come opporsi alle contraddizioni di questo sistema e al suo precipitare in una stagione di conflitti imperialisti e reazioni?
Bibliografia
G. Arrighi, Adam Smith in Beijing. Lineages of the twenty-first century, Verso, London-New York 2007.
D. Harvey, The Limits to Capital, Basil Blackwell Publisher Limited, Oxford 1982.
D. Harvey, The New Imperialism, Oxford University Press, 2003.
I. Wallerstein, Historical Capitalism with Capitalist Civilization (1995), tr. Di M. Di Meglio, Capitalismo storico e Civiltà capitalistica, Asterios Editore, Trieste 2012.

Classe ‘96, di Pisa. I miei interessi di studio riguardano principalmente il concetto di spazio, in particolare le caratteristiche dello spazio sociale, la geografia critica del capitalismo, il marxismo e il materialismo storico. Seguo con interesse l’attualità politica e vari aspetti della cultura di massa, in particolare lo sport di cui sono appassionato.