Articolo di Luca Casanova
Lettere Luterane è una silloge di articoli scritti da Pasolini nel 1975 e pubblicati sulle colonne del quotidiano Corriere della Sera e del settimanale Il Mondo. La forma dell’articolo di giornale ha permesso all’autore di esternare la sua critica più profonda e il suo disagio nei confronti della società a lui contemporanea.
I temi affrontati da Pasolini sono molteplici, ma sempre legati da un filo conduttore: l’analisi dei mutamenti antropologici portati dal consumismo in Italia. Il cuore del discorso è che sia ormai impossibile un’alternativa al modello consumistico dominante, il quale ha omologato le varie realtà particolari in Italia, imponendo un’egemonia di pensiero di carattere “piccolo borghese”, ovvero individualista, consumista, ostentatrice e ipocritamente tollerante.

Cambiamenti radicali delle “cose”
Pasolini capì che, nonostante le rivoluzioni industriali fossero iniziate da parecchi decenni, è stato solo con la massificazione dei consumi che è avvenuto il taglio netto con le tradizioni rimaste praticamente immutate nei secoli.
Questo anche a causa del cambiamento dei prodotti da artigianali a industriali. L’autore attribuisce un potere linguistico e pedagogico alle “cose”. I primi ricordi d’infanzia sono visivi e vengono espressi dagli oggetti che ci circondano. Sono le “cose” che ci trasmettono le prime idee sul mondo e sulla nostra condizione. Gli oggetti moderni sono drasticamente diversi da quelli del passato per due motivi:
- Sono sempre più superflui e perciò il loro insegnamento implicito è una spinta al consumismo acritico e all’edonismo
- A prescindere dalla condizione sociale, le persone acquistano gli stessi oggetti e sono omologate dallo stesso genere di insegnamento.
Questo cambiamento nella funzione e nella produzione delle cose ha generato una nuova umanità, modificando le relazioni tra le persone e introducendo un nuovo, e morboso, rapporto con gli oggetti.
“Salto generazionale”
Un’importante modifica nelle relazioni umane consiste nell’impossibilità di capirsi tra generazioni. In passato, il destino dei figli era quello di “reincarnarsi nei padri”, poiché l’innovazione e la mobilità sociale avanzavano lentamente e con poche discontinuità. In questo senso, la società attuale ha sperimentato un cambiamento forse ancora più drastico di quella a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta.
Gli oggetti, passati dall’essere artigianali ad industriali, si stanno progressivamente digitalizzando e quindi dematerializzando. Se il salto generazionale vissuto da Pasolini è drastico, lo è altrettanto ai giorni nostri. La divisione tra i “millennials”, nati e cresciuti con internet e cellulari, e i “boomers” è abissale e incide su molteplici aspetti e comportamenti. Le due generazioni hanno un approccio diverso all’informazione, alle relazioni umane, ai social media e via dicendo.
Che cos’è il superfluo?
La produzione e il consumo di beni superflui è causato dalla creazione di una domanda artificiale trainata da sempre più avanzate tecniche di marketing, ma anche da un improvviso miglioramento del tenore di vita. La definizione di ciò che era superfluo allora è complessa, soprattutto in relazione alla situazione odierna. Paolo Villaggio, in una celebre intervista del 1975, individua questo problema e indica come superflui beni quali ad esempio la televisione a colori o l’automobile. Tuttavia, è facile individuare bisogni primari che legittimano l’esistenza di questi beni.
L’automobile risponde all’esigenza di spostarsi velocemente, la televisione al bisogno di informarsi e via dicendo. Quindi il superfluo potrebbe configurarsi nella sublimazione di una risposta al bisogno primario, ovvero nella necessità di avere automobili sempre più veloci o di televisioni sempre più grandi. Il bisogno artificiale definitivo sarebbe quello ostentativo, che consiste nella necessità di dimostrare l’appartenenza ad una classe economico-sociale elevata attraverso il consumo. Questo è lo stimolo che sta alla base della produzione di beni di lusso, completamente scollegati da un bisogno reale. Nel mondo di oggi non possiamo pensare che il bene di lusso sia il PC o il telefono, poiché rispondono a necessità ormai primarie. Il superfluo potrebbe essere trovato nella brevità del loro ciclo di vita a cui si collega anche il problema dell’obsolescenza programmata di tali prodotti.
Abbiamo davvero bisogno di cambiare questi oggetti così velocemente? Il vero problema del superfluo oggi riguarda le modalità e le tempistiche del consumo. Volere tutto subito e senza muoversi dal proprio appartamento è un bisogno primario? I vari Amazon e Glovo sono riusciti a cambiare la nostra umanità? Roberto Saviano propone una provocazione ancora più profonda fondata sul problema del tempo che noi oggi dedichiamo al superfluo: “Dare attenzione al superfluo, distrarsi con ciò che non conta…Quanta parte del nostro tempo dedichiamo a leggere idiozie o ascoltarne?”. I social network possono essere considerati superflui? Seguendo il nostro ragionamento, no. Essi rispondono alla necessità di relazionarsi con le persone, di informarsi e, perché no… Di divertirsi! Ciò nonostante, il loro utilizzo intensivo, combinato all’elevatissima concentrazione di contenuti puramente ricreativi, rischia di distrarci e di privarci di tempo prezioso.
“Divertirsi a tutti i costi”
La democratizzazione del progresso ha portato ad un oggettivo miglioramento del tenore di vita della popolazione; tuttavia, non ha reso le persone più felici – anzi, le ha inserite in un circolo continuo di ricerca e soddisfazione dei propri bisogni. Il consumo diventa un atto di esibizionismo mirato a dimostrare l’appartenenza ad un determinato status sociale. Che senso avrebbe disporre di così tanti oggetti ed essere infelici? O, ancora peggio, che senso avrebbe disporre di così tanti oggetti e non poter dimostrare agli altri che si è felici? Pasolini rimase scandalizzato dalla necessità di pavoneggiarsi delle persone che lo circondavano.
Nella società attuale, la pratica di “divertirsi a tutti i costi” e di dover manifestare tale condizione si è amplificata e consolidata attraverso i social network, che ci permettono di sfogare il nostro bisogno di ostentare la nostra felicità a tutti i costi. Così facendo, si alimenta il senso di inadeguatezza per coloro che non riescono e non possono raggiungere questo nuovo tipo di “felicità”. Pasolini è un precursore nel comprendere il disagio creato dall’impossibilità di raggiungere ed emulare i nuovi modelli proposti dal sistema consumista attraverso i media.
“I medium di massa”
Secondo l’autore, la televisione è un “medium di massa” e si basa su un rapporto antidemocratico tra due figure: lo spettatore e il video. Coloro che guardano una trasmissione subiscono immagini e discorsi senza alcuna possibilità di replica. Le parole, attraverso la televisione, piovono in maniera autoritaria sullo spettatore, come da una cattedra. Pasolini individua alcune criticità della televisione italiana del tempo:
- Ha rappresentato e messo in scena i nuovi “modelli umani” della società consumista con una potenza ed un’efficacia impossibili prima di allora
- Ha contribuito ad omologare il linguaggio delle persone, distruggendo le inflessioni dialettali particolari
- È uno strumento al servizio dello stato, ma soprattutto del potere, quindi caratterizzato dall’assenza di pluralismo culturale.
I medium di massa della nostra generazione sono i social network, i quali sono molto diversi dalla televisione sia nel linguaggio sia nel rapporto che il loro utilizzatore sviluppa con loro. I social network, rendendo possibile lo scambio di opinioni tra gli utenti, parrebbe aver superato il problema dell’impossibilità di replica. Ciò nonostante, permettendo ad ognuno di essere allo stesso tempo spettatore e produttore di contenuti, ha contribuito ad alimentare il bisogno di esibizionismo già descritto.
La popolarità viene dettagliatamente misurata e addirittura remunerata grazie ad indicatori pubblici che sono i “mi piace”, le “visualizzazioni”, le “condivisioni”, scientificamente creati per appagare il nostro ego e che causano negli utenti un disagio dovuto all’impossibilità di raggiungerli.
Pluralismo e agenda setting
Pasolini auspica un pluralismo nella gestione della TV di Stato, affinché si possa giungere ad una concorrenza che ne alzerebbe il livello culturale. Egli individua il problema della proprietà del mezzo televisivo e quindi del suo controllo. Il potere che deriva dalla gestione del mezzo televisivo è immenso ed è giusto che venga gestito da molteplici attori. Oggi non possiamo che constatare che i social network siano di proprietà di pochi individui, i quali hanno ottenuto un grandissimo potere, derivante non solo dalla funzione comunicativa del mezzo (e quindi dalla possibilità di censurare gli utenti), ma anche dall’acquisizione di dati personali.
Il fatto che lo spettatore possa decidere come informarsi scegliendo il canale a lui più affine, come accadeva già per i giornali, viene visto da Pasolini in maniera positiva. Egli non poteva di certo prevedere l’esplosione delle possibilità di informazione che abbiamo a disposizione oggi e tanto meno le modalità in cui vi accediamo. All’interno dei social media i contenuti, e di conseguenza anche le notizie, non sono uniformi, bensì personalizzati. Tuttavia, ciò non è garanzia di un pluralismo o di un aumento di qualità. Al contrario, se provassimo a considerare la home di qualsiasi social network, la troveremmo diversa a seconda della persona utilizzatrice. Il medium, infatti, si modella sulla base della nostra personalità e ci propina i contenuti (e le notizie) che più ci spingono a protrarci nel loro utilizzo, senza però garantirne l’imparzialità o addirittura la veridicità. La teoria dell’agenda setting fornisce un approccio interessante al problema della scelta delle notizie da parte dei media.
La selezione e l’ordine delle notizie nei canali di informazione tradizionale è il risultato di una mediazione tra le proposte avanzate dalle élite e dall’opinione pubblica. Più i canali si diversificano e aumentano di numero, più questa mediazione si sbilancia a favore del pubblico, che attraverso la scelta del canale (TV) o del quotidiano riesce a guidare le scelte editoriali. La vecchia televisione, voce unica ed incontrastata, ha agito come forza centripeta spingendo gli spettatori all’omologazione, attraverso le decisioni dei palinsesti e la classificazione delle notizie secondo un ordine stabilito dall’alto. Questo meccanismo viene meno nei social network, che agiscono come forza centrifuga poiché l’agenda dei contenuti viene stabilita da un algoritmo modellato sulle caratteristiche dell’utilizzatore. La personalizzazione delle notizie prevale sulla qualità delle stesse, per questo motivo l’utente viene raggiunto dalle informazioni più affini al suo modo di pensare, non importa che siano notizie partigiane o addirittura fake-news.
Questo spinge l’utente ad alimentare il fenomeno di “confirmation bias”, ovvero la tendenza a elaborare le informazioni interpretandole come coerenti con le proprie convinzioni esistenti che causa a sua volta una radicalizzazione delle idee: la televisione raccontata da Pasolini ha avuto come effetto una spinta verso il centro degli elettori, al contrario i social media li hanno spinti agli estremi. Tuttavia, mentre le idee delle persone si radicalizzano, le differenze tra i partiti si assottigliano. Rispetto agli anni in cui Pasolini ha vissuto, i partiti moderni sono sufficientemente concordi sulle strategie di sviluppo future e mantengono un atteggiamento conservativo rispetto all’ordine economico-politico vigente.
Questa riflessione ci ha portato all’apertura di un vaso di Pandora che riguarda l’evoluzione delle ideologie politiche e il loro adattamento rispetto ai cambiamenti tecnologici, economici e quindi antropologici. Che effetto hanno avuto questi i fenomeni sulla politica del nostro Paese? Ma, soprattutto, che effetti hanno avuto questi cambiamenti sui valori delle persone tanto da far arrivare Pasolini a scrivere “Gli Italiani non son più quelli”, in seguito al voto referendario sul divorzio nel 1974?
Bibliografia
P. P. Pasolini, Lettere Luterane, Garzanti, Milano 2019
T. H. Veblen, Theory of the leisure class, 1899
E. Dreyfuss, Netflix’s The Great Hack Brings Our Data Nightmare to Life, in Wired, 24 luglio 2019
M. Kennedy, Review: Put down that phone, urges doc ‘The Social Dilemma’, 2020, https://abcnews.go.com/Entertainment/wireStory/review-put-phone-urges-doc-social-dilemma-72875929
E. F. Shaw, (1979) Agenda Setting and Mass Communication Theory, in Gazette (international Journal for Mass Communication Studies), vol. XXV, n.2
J. Darley, P. Gross, A hipothesys-confirming bias in labeling effects, 1983, Journal of Personality and Social Psychology
Pew Research Center, “Political Polarization in the American Public”, 2014
P. P. Pasolini, Gli italiani non sono più quelli, Corriere della Sera, 10 giugno 1974
Sitografia
Intervista di Biagi a Pasolini
https://www.ted.com/speakers/carole_cadwalladr
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