Vi propongo uno scenario per niente difficile da immaginare: è una tranquilla serata mondana davanti a un cocktail in sovrapprezzo, al tavolo del solito locale. La persona seduta di fronte a voi, tra un discorso sui massimi sistemi e un altro, vi pone la fatidica (anche qui l’ironia del termine è voluta) domanda: «e tu, che giorno sei nato/a?». Bene, cioè male. Sappiamo già cosa ci aspetta: uno sproloquio inutile e non richiesto che ha la presunzione di informarci riguardo al nostro carattere e al nostro modo di agire. Prima di domandarsi il motivo di questo mio tono così aspro nei confronti della situazione descritta, proviamo a rispondere al perché tali ciarlate siano così in voga tra giovani e adulti di ogni età. Al giorno d’oggi, infatti, l’astrologia non sopravvive soltanto in ambienti ristretti di personaggi dediti alle arti magiche o laddove vi è analfabetismo e totale ignoranza. Al contrario, i consumatori di oroscopo sono giovani e adulti di tutti i ceti sociali e di qualsiasi grado d’istruzione, che non solo lo leggono, ma ne traggono materiale per meme, canzoni, abbigliamento e altre operazioni di marketing. Insomma, potremmo dire che sia ormai diventato una moda, che a quanto pare affligge in maniera particolare i millenials. Si tratta solo di un innocuo passatempo, una frivola curiosità che può darci uno stimolo nell’affrontare la quotidianità. È davvero così?
L’obiettivo di questo articolo non è dimostrare l’infondatezza e l’insensatezza dell’oroscopo, per questo bastano le prove del CICAP(1), se non un minimo di raziocinio. Da mettere a fuoco sono i presupposti e le conseguenze di questa morbosa attrazione verso l’astrologia.

totalmente superato: quello che metteva l’umanità al centro, in quella stretta connessione tra vita terrena e universo tanto agognata dagli antichi.
Tra pseudorazionalità e semicultura
Nonostante diverse verifiche abbiano più volte mostrato la mancanza di qualsiasi capacità di previsione del futuro da parte degli astrologi, lo zodiaco continua a suscitare interesse e ad essere leitmotiv di dissertazioni da bar. Il filosofo e sociologo Theodor Adorno nel saggio Stelle su misura (1975) si propose di fare uno studio di alcuni fenomeni sociali che hanno a che fare con quella che egli definisce pseudorazionalità, ovvero «la zona crepuscolare fra la ragione e le pulsioni inconsce» (2). La ricerca vuole analizzare in particolare le conseguenze psicologiche delle pubblicazioni astrologiche sui lettori. Nei fenomeni di massa come questo vi è una sorta di irrazionalità mascherata da razionalità: come se l’autoconservazione razionale avesse perso la propria condotta e si facesse guidare da qualcosa di irrazionale. Adorno si esprime piuttosto severamente, affermando che questi fenomeni «funzionano come se la razionalità del corpo politico autoconservantesi avesse avuto una proliferazione maligna e minacciasse perciò di distruggere l’organismo» (3). Un aspetto interessante sollevato da Adorno è la passività con cui le persone affrontano il discorso astrologico: lo accettano semplicemente perché esiste. Ciò che importa è che le loro domande psicologiche corrispondano all’offerta, senza che avvenga una attiva riflessione sul funzionamento del sistema. Funzionamento che peraltro non viene mai esplicitato, ma di cui vengono offerti soltanto i presunti risultati sulle pagine delle riviste e quant’altro.
Vi è una ragionevolezza fittizia, cioè un contenuto apparentemente razionale basato su un fondamento irrazionale, che dà alle pseudoscienze un’immagine di serietà, rendendole appetibili a svariate categorie di persone. Adorno parla in questo senso di semicultura, termine che indica la degradazione della cultura a insieme di informazioni. Per Adorno il discorso astrologico, così come altre fedi intellettuali (egli fa l’esempio del razzismo), funge da scorciatoia, «riducendo la complessità a una formuletta e offrendo contemporaneamente a chi ritiene di essere escluso dai privilegi della cultura la piacevole gratificazione di appartenere nondimeno alla minoranza di quelli che “sanno”»(4). La cultura è quell’insieme di conoscenze ed esperienze che concorrono alla formazione dell’individuo e al suo riconoscimento all’interno della società. Laddove la cultura prescinde da questa complessità, diviene un mero immagazzinamento di informazioni condivise, ben predisposto alla manipolazione. Questo è ciò che avviene nella semicultura, dove la circolazione di notizie e informazioni è qualcosa di effimero, svuotato di qualsiasi significato legato all’esperienza. È qualcosa che sussiste perché largamente condiviso, ma che al tempo stesso non rafforza alcun legame significativo. Vi è l’illusione di una comprensione del sé individuale che in realtà si lascia conformare ad una narrazione spersonalizzata e spersonalizzante.
La chiacchiera spersonalizzata e consolatoria
Così come nella semicultura si ha una cultura svuotata di significato, anche nel linguaggio vediamo riflettersi la stessa superficialità. La comprensione e la divulgazione del discorso astrologico non hanno bisogno di nessuna operazione mentale particolarmente complessa. La sua banalità e genericità fanno sì che esso sia facilmente accessibile e applicabile a chiunque, rendendolo al tempo stesso popolare e, nei casi più appassionati, motivo di sentenziosità narcisistica. Affidando il proprio arbitrio a questo vacuo intrattenimento, l’individuo si addentra in una dimensione esistenziale inautentica. È il rischio di cui parla Heidegger nella sua filosofia di stampo ontologico, che indaga cioè l’essere. Per tale studio è necessario partire da quell’unico ente che si pone la domanda riguardante l’essere, cioè l’essere umano, definito come esserci. L’esserci si trova nella condizione di essere gettato nel mondo, dove deve necessariamente trovare la propria realizzazione. Si trova così davanti a due cruciali possibilità esistenziali: la vita autentica e quella inautentica. L’uomo può perseguire le proprie inclinazioni cercando criticamente di evitare la conformazione alla massa, oppure adeguarsi ad essa in una dimensione di impersonalità. Ovviamente, questo brevissimo excursus non rende minimamente l’idea della profondità del pensiero heideggeriano, ma serve a mettere in luce come la degradazione dell’esserci che vive una vita inautentica si rifletta nel linguaggio, che nella sua dimensione quotidiana corre il rischio della conformazione. L’essere umano conosce il mondo in cui è gettato sempre in relazione agli altri e comprende le cose ascoltando l’opinione comune. Quest’ultima è la dimensione del si impersonale (si dice, si pensa, si crede, ecc.), dove regnano la chiacchiera e l’equivoco. Nella dimensione di inautenticità non vi è bisogno di verificare le cose, ma ci si affida alla ripetizione di quanto è comune. «Ciò che conta è che si discorra» (5) e non comprendere cosa il discorso dice; ecco che ritroviamo la passività del lettore di cui parla Adorno. Il discorso inautentico ottiene il suo potere attraverso la ripetizione e la diffusione, che vanno a costituire la chiacchiera: «l’infondatezza della chiacchiera non è un impedimento per la sua diffusione pubblica, bensì un fattore che la favorisce. La chiacchiera è la possibilità di comprendere tutto senza alcuna appropriazione preliminare della cosa da comprendere. […] La chiacchiera, che è alla portata di tutti, non solo esime dal compito di una comprensione genuina, ma diffonde una comprensione indifferente, per la quale non esiste più nulla di inaccessibile» (6).
È questo il meccanismo che si cela dietro al fantastico mondo delle pseudoscienze, non distante da quello delle fake news e del complottismo, dove la propaganda è totalizzante e la responsabilità è nulla. Una società dove la circolazione delle informazioni è rapida e immediata è terreno fertile per la diffusione di un simbolismo vacuo ma apparentemente significativo, che va a compensare la mancanza di una reale profondità di pensiero e di discorso. La riduzione di questo tipo di contenuto ad un’innocua frivolezza, per quanto calzante, non deve trascurare il meccanismo pseudorazionale che porta a vedere significati nascosti – quindi straordinari – in qualcosa che non ha in realtà alcun senso. Il perpetuarsi di un discorso di questo tipo è nocivo nei confronti dello sviluppo di un pensiero critico e razionalmente fondato, presupposto essenziale di una cultura nel vero senso della parola: la coltivazione dello spirito, che non può prescindere dalla cura di ciò che è terreno, senza necessariamente aggrapparsi a consolazioni astrali e soprasensibili.
Note
(1) Il Comitato italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze. Fondato nel 1989 da Piero Angela e un gruppo di scienziati, intellettuali e appassionati. https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=275315
(2) Theodor W. Adorno, Stelle su misura, ed. Einaudi, 1985, p. 11.
(3) Ivi, p. 3.
(4) Ivi, p. 20.
(5) Martin Heidegger, Essere e Tempo, traduzione italiana a cura di Pietro Chiodi, ed. Utet, 1978, Torino, p. 270.
(6) Ivi, p. 271.
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Classe ’96, di Lucca. Le mie grandi passioni sono la filosofia e la danza, pratico danze urbane da quando sono bambina e mi piace perdermi in letture esistenziali. Amo la musica funk, i libri di Albert Camus e guidare in sella alla mia moto. Ho studiato a Pisa e conseguito la laurea triennale con una tesi su Nietzsche e il superamento del nichilismo, successivamente quella magistrale con lode in Filosofia e Forme del Sapere, con una tesi in Filosofia dell’Arte. Mi sono successivamente specializzata per l’attività di sostegno didattico nella scuola secondaria di secondo grado. Nella Città di Fedora vorrei occuparmi di temi riguardanti la cultura, le arti e i media, l’ambiente e l’ecologia.