Una sensazione di oppressione e di claustrofobia, che accentua la condizione già precaria dell’esistenza nella nostra epoca, è certamente condivisa da milioni di persone oggi, costrette spesso a rimanere chiuse “tra le proprie quattro mura”. Le misure preventive del distanziamento sociale e i lockdown hanno senza dubbio un impatto sulle qualità dello spazio e della vita, perciò la richiesta diffusa è di un ritorno alla normalità.
Dovremmo forse chiederci se questa sensazione di compressione spazio-temporale sia eccezionale oppure se sia una risposta a determinati processi che ha caratteristiche comuni ad altri momenti della storia contemporanea. Forse è necessario riavvolgere il nastro…
La compressione spazio-temporale
Per Harvey, geografo e politologo britannico, la compressione spazio-temporale è un processo che investe la vita sociale e che si sviluppa a seguito di momenti di crisi e/o di
ristrutturazioni del capitalismo. Questo processo può svilupparsi con diverse entità, si
pensi alle gravi fasi di crisi e addirittura di conflitto geopolitico. In cosa consiste di
preciso?
Innanzitutto, è necessario dire che il capitalismo, per le leggi di movimento del
capitale, è un sistema dinamico che ha bisogno continuamente di espandere la
produzione delle merci e dunque la loro circolazione. Affinché sia possibile questo suo
continuo movimento è indispensabile un’organizzazione spaziale fissata (composta da
infrastrutture fisiche – luoghi di produzione e consumo, mezzi di trasporto, reti di
comunicazioni – e infrastrutture sociali ovvero istruzione, sanità, ricerca ecc.). Inoltre, è
fondamentale la velocità nella quale la circolazione del capitale (e dunque anche delle
merci) avviene: per ottenere maggiori profitti e continuare il processo di accumulazione
per l’accumulazione, cioè la crescita economica. Il capitalismo supera così le barriere
spaziali (si pensi alle grandi innovazioni nei trasporti e nelle comunicazioni dall’Ottocento ad oggi). Per questi motivi, quando una certa organizzazione spaziale
diventa obsoleta e non garantisce questo continuo movimento di crescita, devono
avvenire grandi mutamenti, anche attraverso la spinta all’innovazione tecnologica. Per
Harvey dunque ogni nuova configurazione spazio-temporale del capitalismo interiorizza le contraddizioni precedenti, dunque è destinata a ristrutturazioni. Questi mutamenti dello spazio-tempo investono la realtà sociale quotidiana con un ritmo della vita fortemente accelerato e con il senso dei confini spaziali e degli spazi sociali instabile e confuso.
…e oggi?
La crisi attuale può essere spiegata attraverso le dinamiche espresse sin qui. Infatti,
un evento endogeno (la pandemia) ha costretto gli stati a misure restrittive che hanno
rallentato o interrotto quella continua necessaria circolazione del capitale, quindi anche
lo scambio di merci (sebbene il rischio recessione fosse già presente prima della
pandemia). L’esito è una gravissima crisi economica, dunque sono anche presenti
complessi mutamenti nei rapporti spaziali e delle qualità oggettive dello spazio che sono legate alle pratiche sociali. Infatti, è stato mostrato come il nostro spazio e il nostro rapporto con esso dipenda dalle pratiche materiali sociali e dai processi sociali. I
mutamenti del sistema economico, dunque anche delle condizioni di lavoro e della
mobilità sociale, modificano lo spazio geografico e sociale. Lo spazio non è un
contenitore vuoto, omogeno e dato, ma è prodotto delle pratiche sociali e contiene i
rapporti sociali che lo costituiscono.
Chiusure e restrizioni
Ogni momento della totalità sociale contribuisce alla produzione dello spazio; lo Stato
e le istituzioni sicuramente hanno un ruolo importante in tal senso. In questa fase storica lo Stato ha subito dei cambiamenti, in particolare perdendo capacità di azione e di controllo sull’economia e spesso accentuando il carattere autoritario riguardo la
repressione dei conflitti e la gestione dei confini spaziali (si pensi a tal proposito alla
questione dell’immigrazione). Questi aspetti si sono sviluppati principalmente in
risposta ai cambiamenti della globalizzazione. La gestione della pandemia ha richiamato proprio questa funzione dello Stato nella governance del territorio, riguardo il distanziamento, le chiusure regionali, gli spostamenti leciti o non leciti, sebbene spesso rispondendo all’interesse della salute pubblica. È proprio questo potenziale ruolo progressivo, anziché le azioni autoritarie menzionate poc’anzi, che andrebbe ripensato. In questo senso, è necessario porre il problema di un controllo democratico e di una partecipazione popolare rispetto alla tendenza elitaria degli ultimi 30 anni (si pensi all’ennesimo governo “tecnico” dell’Italia odierna).
Non neutralità e diseguaglianza dello spazio
In conclusione, è possibile notare come la gestione e la produzione dello spazio non
sia affatto neutrale: finalizzata al profitto e alla riproduzione dei rapporti economici o al
controllo sociale, implica rapporti di potere sociale. Come accennato in precedenza, lo
spazio contiene i rapporti sociali, quindi nella nostra società capitalistica esso è costituito da, e riproduce, soprattutto rapporti di dominio sociale di classe. Lo stesso lockdown ha un impatto fortemente diseguale. Essere costretti a restare chiusi in una piccola abitazione insieme ad una famiglia numerosa, senza connessione internet ecc., aggiunge ai precedenti problemi nuovi disagi sociali e psicologici. (Per non parlare poi degli esclusi al diritto alla casa). Inoltre, le difficoltà del trasporto pubblico hanno aggravato i rischi per la salute e moltiplicato gli ostacoli per le classi più deboli che non hanno disponibilità di mezzi privati. Questi sono solo alcuni degli esempi relativi allo spazio sociale, i quali sottolineano una crescita delle diseguaglianze. Non soltanto è necessario evitare che queste nuove forme di limiti sociali (smartworking, distanziamenti, limiti alla circolazione delle persone, rafforzamento del controllo sociale ecc.) perdurino oltre la crisi, ma il compito è affrontare anche i precedenti problemi. Deve essere contestato proprio il ritorno alla “normalità” di uno spazio sociale urbano che normale e naturale non è. Infatti, processi di segregazione spaziale erano già presenti pre-lockdown, anzi è proprio la condizione delle classi lavoratrici più deboli e delle minoranze che abitano le periferie delle grandi città, ma anche alcuni centri che hanno subito analoghi processi di svalutazione, cioè hanno perso, in particolare, infrastrutture fisiche e sociali (servizi) e luoghi di lavoro.
In questo senso, è fondamentale ripensare l’idea di uno spazio pubblico accessibile e
inclusivo, che migliori la qualità della vita, assicurando servizi, mobilità, un diritto alla
casa, il diritto alla città (all’abitare e alla partecipazione nella gestione dei processi di
urbanizzazione). In questo modo, si intende sottrarre la regolazione della vita sociale agli interessi diseguali privatistici e di mercato. Ciò significa in senso marxiano rimettere al centro il valore d’uso dello spazio pubblico e sociale rispetto all’astrazione del valore di scambio e dunque rispetto alla sua continua mercificazione e/o conversione in rendite monopolistiche.
Modificare il supporto spaziale dei rapporti sociali è un passaggio fondamentale per
modificare questi ultimi e trasformare radicalmente la nostra società.
Bibliografia
K. Marx, Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica. Volume secondo,
La Nuova Italia editrice, Firenze 1970.
H. Lefebvre, La produzione dello spazio, Pgreco, Milano 2018.
D. Harvey, La crisi della modernità, Il Saggiatore, Milano 2015.
G. Vertova, M. Tomba (a cura di), Spazi e tempi del capitale, Mimesis, Milano-Udine
2014.
Per ulteriori approfondimenti online:
D. Harvey, Questo è il momento di costruire l’alternativa (Jacobin, 2020)
D. Harvey, Perchè le città si ribellano (Jacobin, 2020)

Classe ‘96, di Pisa. I miei interessi di studio riguardano principalmente il concetto di spazio, in particolare le caratteristiche dello spazio sociale, la geografia critica del capitalismo, il marxismo e il materialismo storico. Seguo con interesse l’attualità politica e vari aspetti della cultura di massa, in particolare lo sport di cui sono appassionato.