Una pubblica piazza?
«L’internet sta diventando la piazza del villaggio globale del domani», così recita una famosa frase attribuita a Bill Gates, che riprende l’espressione del filosofo Marshall McLuhan nel suo saggio Understanding Media: The Extensions of Man (Gli strumenti del comunicare, ed. it. 1967). Il villaggio globale (global village) è una metafora coniata da McLuhan molto tempo prima dell’internet che conosciamo oggi, per indicare come i nuovi mezzi di comunicazione si configurino come un’estensione del nostro sistema nervoso, cioè dei nostri sensi, portando alla creazione di una comunità globale che si scambia informazioni in maniera molto più diffusa e immediata. La lungimiranza del filosofo riuscì addirittura a prevedere uno dei più rilevanti problemi che caratterizzano questa grande piazza virtuale che è internet: quello della sua (presunta) neutralità.
Oggi la libera circolazione delle informazioni incontrala privatizzazione e gli algoritmi delle piattaforme social, quindi l’oscuramento di post, immagini o profili, ma anche la censura dei social stessi da parte di alcuni governi. Il dibattito sulla censura all’interno dei social vede da un lato il diritto alla libera espressione e dall’altro il bisogno di sicurezza: come bilanciare le due cose?

Libertà virtuale
Sotto i riflettori vi sono stati diversi episodi, come quello del blocco permanente dell’account di Donald Trump da parte di Twitter, sospeso temporaneamente anche da Youtube e Facebook. Quest’ultimo (insieme ad Instagram, entrambi sotto il controllo della Facebook Inc. con presidente Mark Zuckerberg) si è affidatoad un ente di controllo esterno e indipendente chiamato Oversightboard, ovvero il Comitato per il controllo, il cui compito è quello di visionare ed eventualmente censurare determinati contenuti ritenuti inappropriati, prendendo decisioni vincolanti nei confronti dello stesso Zuckerberg e di chiunque altro all’interno di Facebook o Instagram.Come si legge sul sito web del Comitato, esso nasce perché Facebook «non può più prendere autonomamente così tante decisioni relative alla libertà di parola e alla sicurezza online» ed è costituito da personalità provenienti da svariate culture e con percorsi professionali differenti «per garantire una prospettiva globale». Il Comitato è infatti composto prevalentemente da esperti di diritto e sicurezza online, con esperienze nel campo dei diritti umani e della collaborazione interpersonale. Sul sito è possibile dunque fare un ricorso riguardante una decisione di Facebook o Instagram, come l’eliminazione di un post, che verrà quindi esaminato dal Comitato, le cui decisioni verranno successivamente rese pubbliche (senza rivelare i nomi delle persone coinvolte). È infatti possibile accedere alla sezione decisioni, dove si può notare come il Comitato sia andato contro a diversi provvedimenti che erano stati presi dai social in questione, ribaltandone l’esito. Il fatto che vi sia un organo indipendente, formato da diverse persone appartenenti a contesti diversi, che aiuta a bilanciare le decisioni prese da piattaforme private, è in un certo senso rassicurante, poiché dà un maggiore senso di trasparenza e democrazia. Anche in una pubblica piazza, dopotutto, bisogna sottostare alla legge. Il problema in ogni caso non è che Zuckerberg abbia preso la decisione di bloccare l’account di Trump, giustamente considerato pericoloso dati gli eventi del Campidoglio nel gennaio 2021 (che sono solamente il culmine di una politica di stampo fascista), il problema è alla radice, ovvero sta nel fatto che i social siano diventati uno strumento così determinante per fare campagna politica.
È comunque innegabile l’importanza dei social per la diffusione delle informazioni su scala globale, motivo per cui essi vanno incontro alla censura da parte di alcuni governi, come nel caso della Turchia, che nel 2020 ha approvato una legge che dava alle autorità grande margine di controllo dei social media, limitando la libertà d’espressione. Anche in questo caso si tratta di una supervisione da parte di enti esterni ai social, con l’obbligo da parte di quest’ultimi di segnalare eventuali contenuti controversi entro 48 ore, pena il pagamento di una multa. Amnesty International e altre associazioni per i diritti civili denunciano queste misure per violazione dei diritti umani internazionali, poiché minano pericolosamente la libertà d’espressione. È chiaro infatti che non si tratta di oscurare contenuti che violano la sicurezza delle persone, ma di una censura autoritaria diretta principalmente agli oppositori del governo, non molto diversa da quella di altri paesi, come ad esempio la Russia. I social sono infatti uno dei mezzi più utilizzati per esprimere le proprie opinioni, sia da parte dei leader politici, che da parte di oppositori politici e attivisti, motivo per cui vengono sempre più controllati, se non soppressi del tutto. Una mappa che illustra la libertà relativa a internet la si può trovare su Freedom House.
La svolta radicale che internet ha provocato nella circolazione delle informazioni porta a dover fare i conti con la libertà d’espressione su una scala molto ampia, dove essa viene a trovarsi sotto il controllo di chi comanda i social o di chi è al governo, cioè nelle mani di aziende private, oppure di chi in certi casi può esercitare un controllo autoritario su un intero paese. Non sono però solo questi gli elementi in gioco: i social sono infatti stati creati con l’obiettivo di tenere in contatto singoli individui e comunità di persone, il cui ruolo, anche se fortemente influenzato dagli algoritmi che guidano l’esperienza sui social, può non essere del tutto passivo.
Una piattaforma di protesta
Prendiamo ad esempio un fatto risalente ad un anno fa, riguardante la piattaforma Reddit,social news che riunisce varie comunità virtuali, dove i vari argomenti sono divisi in sezioni chiamate subreddit. La vicenda parteda uno scandalo riguardante il Green Party inglese: Aimee Knight, attivista transgender britannica e candidata elettorale del partito in questione, nella sua campagna elettorale del 2017 aveva scelto come responsabile legale suo padre, David Challenor, tacendo però su una grave questione riguardante quest’ultimo. David Challenor infatti, nel 2016, fu accusato di 22 gravi crimini, tra cui imprigionamento e stupro di un minore, ricevendo nel 2018 una condanna a 22 anni di prigione.Certamente l’attivista britannica non ha nulla a che fare con le azioni brutali del padre, ma ha delle responsabilità in relazione al ruolo intrapreso nel partito, non solo come membro, ma anche come portavoce nazionale. A quanto emerso dal resoconto finale della vicenda, Aimee Knight informò i funzionari di partito del fatto che suo padre era andato incontro a delle accuse, ma omettendo il rilevante dettaglio che egli fosse attivo nel partito, cosa che desta non pochi sospetti, come anche la mancanza di giudizio nel dare un tale ruolo al padre senza considerare di stare mettendo la propria reputazione a rischio. Cosa c’entra tutto questo con Reddit? Si dà il caso che l’ormai ex politica britannica sia stata assunta non molti mesi fa dal social col ruolo di moderatrice (a quanto pare senza aver prima indagato il suo trascorso) e che, in seguito allo scoppio dello scandalo, sia statoproibito all’amministratore di un subreddit di politica britannica (/UKpolitics)di postare un articolo critico riguardante Aimee Knight, addirittura sospendendone l’account. Il social ha in seguito revocato la sospensione, dichiarando che ciò era parte di un sistema automatizzato per evitare il doxing, cioè la diffusione illecita di dati personali, in questo caso per tutelare la Knight. Il post in questione era però la notizia di un giornale britannico, difficile quindi parlare di doxing, inoltre questo subreddit non è l’unico membro della piattaforma ad essere stato sospeso: sono infatti stati rimossi tutti i commenti che discutevano o citavano la vicenda in questione. Questo comportamento autoritario ha provocato non poca disapprovazione da parte degli utenti di Reddit, generando una vera e propria protesta: più di 200 subreddit sono infatti diventati privati in solidarietà a /UKpoliticsper protesta contro la censura, ovvero sono diventati visibili soltanto a chi ne fosse già parte. Questo ha portato Reddit a tagliare i rapporti con la Knight e a cambiare alcune delle norme interne del sito. Come riportato dall’Indipendent, non è la prima volta che Reddit si trova ad affrontare critiche alle sue politiche di moderazione del sito: nel giugno 2020 infatti più di 550 moderatori, a rappresentanza di più di 200 milioni di utenti, hanno firmato una lettera aperta diretta a Steve Huffman, cofondatore e amministratore delegato di Reddit, chiedendo di attuare provvedimenti nei confronti di atteggiamenti razzisti sulla piattaforma, in particolare nella sezione riguardante le proteste per il caso George Floyd.
L’aspetto interessante di questo caso è il fatto che una piattaforma social sia stata utilizzata dagli utenti per protestare contro la piattaforma stessa. In questo caso quindi il social non è semplicemente il mezzo, ma anche il fine ultimo della protesta, nel senso di un miglioramento di quelle che sono le sue regole, per una navigazione più sicura e democratica che non minacci le libertà fondamentali delle persone. I social non sono e non devono essere piattaforme neutrali e le decisioni prese in merito a cosa sia possibile o meno pubblicare sono decisioni politiche, che si attuano nell’intreccio tra la dimensione privata e quella pubblica. Il villaggio globale di cui l’internet fa parte non è semplicemente un gruppo omogeneo e forse non è neanche così facilmente controllabile, o meglio, questo dipende dalla volontà delle persone che lo abitano di non essere soltanto degli utenti passivi, ma di partecipare attivamente e, di conseguenza, politicamente.

Classe ’96, di Lucca. Le mie grandi passioni sono la filosofia e la danza, pratico danze urbane da quando sono bambina e mi piace perdermi in letture esistenziali. Amo la musica funk, i libri di Albert Camus e guidare in sella alla mia moto. Ho studiato a Pisa e conseguito la laurea triennale con una tesi su Nietzsche e il superamento del nichilismo, successivamente quella magistrale con lode in Filosofia e Forme del Sapere, con una tesi in Filosofia dell’Arte. Mi sono successivamente specializzata per l’attività di sostegno didattico nella scuola secondaria di secondo grado. Nella Città di Fedora vorrei occuparmi di temi riguardanti la cultura, le arti e i media, l’ambiente e l’ecologia.