Siamo diventati noi stessi, genere umano, il portato ideologico di una specifica formazione
economico-sociale?

Innanzitutto, occorre chiarire i termini della domanda posta: si parla di ideologia nel senso
marxiano del termine. Marx per “ideologia” intende quel fenomeno che regola la nostra
relazione immediata e spontanea con il mondo sociale. L’ “ideologia” occulta i nessi
sussistenti tra la coscienza degli individui e i “modi di produzione”, ovvero le forme di
organizzazione economica di una certa società.
Il rapporto tra modi di produzione e coscienza degli individui è indagato a partire dalla
nozione di “formazione economico-sociale”. Tale concetto indica una qualsiasi società che si
forma a partire da rapporti economici e rapporti sociali tra uomini. Domandarsi se l’uomo
costituisce o meno il portato ideologico di una specifica formazione economico-sociale
significa interrogarsi, prima di tutto, sul rapporto tra uomo e società; in secondo luogo se sia
possibile o meno che l’uomo diventi esso stesso la forma ideologica di un certo modo di
produzione – in altre parole, se un’organizzazione economica determini il suo essere sociale.
Dunque, se rispondiamo alla domanda iniziale

  • con Luporini: «l’uomo è innanzi tutto il modo e i rapporti in cui produce, ossia è il
    proprio essere sociale», la risposta non può che essere affermativa.
  • con Adorno: «si dovrebbe anzitutto capire come la società sia un blocco universale,
    intorno agli uomini e in essi», giungiamo ad una conclusione simile, ma da una
    prospettiva diversa.
    Cerchiamo, quindi, di mostrare il perché di queste affermazioni.

Formazione economico-sociale. La riflessione di Marx e il suo carattere scientifico

Il concetto di formazione economico-sociale delimita, inizialmente, il terreno entro il quale
ci muoviamo e Luporini ne analizza le peculiarità in Dialettica e materialismo. Viene
mostrato dall’autore come Lenin individui, in questa elaborazione, il carattere scientifico della
riflessione marxiana.
Formazione economico-sociale è il concetto che viene utilizzato nel marxismo, per indicare
una data società che si articola insieme ad uno specifico modo di produzione. Un certo modo
di produzione caratterizza un certo genere di fenomeni sociali storicamente determinati che,
nel nostro caso, appartengono a quel tipo di società che possiamo chiamare capitalismo.

Luporini ha il pregio di far emergere il carattere non deterministico della riflessione di Marx:
il modo di produzione non determina meccanicisticamente le relazioni sociali, si attua
piuttosto una “intrinseca articolazione” tra i vari piani dell’analisi.
Per spiegare in cosa consista questa “intrinseca articolazione” è utile ricorrere ad un
esempio fornito da Lenin, che attraverso un’immagine suggestiva, suggerisce come intendere
questo rapporto: l’ossatura economica costituisce lo scheletro della società capitalistica. Lo
scheletro, però, non basta a costituire un organismo, c’è bisogno, per sorreggerlo, anche di
muscoli, carne e sangue. Allo stesso modo, l’ossatura economica non basta a costituire la
società, bensì è necessario che anche i rapporti sociali – i muscoli, la carne e il sangue – si
sviluppino insieme a questa ossatura. Questa espressione di Lenin può essere integrata
attraverso una citazione dello stesso Marx dal terzo libro del Capitale, riportata anche da
Taccola in un articolo uscito da
poco su Jacobin: «Tutta la scienza sarebbe superflua se la forma fenomenica e la essenza delle
cose coincidessero in maniera immediata». Il rapporto tra economico e sociale è incentrato su
questa discrepanza.
Per chiarire al meglio il senso di questa non-coincidenza è calzante un ulteriore
parallelismo tra essa e il mondo scientifico. Possiamo fornire, infatti, un’interpretazione di
tale rapporto andando ad analizzare la relazione sussistente tra genotipo e fenotipo in
genetica.

Definiamo brevemente cosa si intende per genotipo e fenotipo:

  • Genotipo: è la costituzione genetica di un individuo localizzata in un determinato
    locus genico. Il genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, ovvero da
    ciò che è “scritto” nel DNA contenuto nel nucleo di tutte le sue cellule ed è quindi
    immutabile.
  • Fenotipo: è l’insieme dei caratteri osservabili che l’individuo manifesta. Esso dipende
    dal suo genotipo, dalle interazioni fra geni e anche da fattori esterni e ambientali; può
    essere quindi variabile.
    Si può dire che il genotipo stia alla essenza delle cose, come il fenotipo alla loro forma
    fenomenica.
    Dobbiamo addentrarci più nel dettaglio della patologia molecolare
    per meglio comprendere
    in che luce oggi leggere il rapporto tra economico e sociale in Marx. Il padre della genetica

Gregor Mendel considerava matematicamente prevedibile la trasmissione di certi caratteri
genetici da una generazione all’altra. In Mendel, si stabilisce una correlazione diretta tra
l’assetto molecolare genotipico di un individuo e il fenotipo ad esso correlato. Le recenti
scoperte in campo genetico hanno sovvertito questa visione: il fenotipo, ciò che è
clinicamente manifesto, non deriva solo dal genotipo, ma è piuttosto «la conseguenza di una
lunga cascata di eventi molecolari, che coinvolgono un numero variabile di geni e di fattori
ambientali».
L’approccio epistemologico di Marx può così essere paragonato a quello delle odierne
teorie genetiche. Il sociale non è matematicamente derivabile dall’economico. Le strutture
sociali (lo Stato, le classi, le istituzioni giuridiche, amministrative…) non sono cioè
espressione diretta di una particolare struttura economica, poiché intervengono, come nel caso

del fenotipo, altre variabili di natura diversa. La pertinente nozione di formazione economico-
sociale
, con il suo carattere di “intrinseca articolazione”, tiene uniti in sé due poli in relazione

dialettica
tra loro e ci permette di mantenere viva la complessità della relazione.
Riprendiamo la domanda iniziale: siamo diventati noi stessi, genere umano, il portato
ideologico di una specifica formazione economico- sociale? Per rispondere: gli uomini sono
espressione di una specifica società che si articola a partire da un certo modo di produzione e
da determinate strutture sociali. Come Marx evidenzia nel Capitale, gli uomini sono sia
artefici sia succubi di tale dinamica. Solo un’analisi di carattere scientifico può sottrarre
l’uomo da questa condizione simultanea di attività e passività.
Taccola, nell’articolo citato in precedenza, si sofferma sull’approccio epistemologico
adottato da Marx ne Il Capitale e sulle specificità di questa analisi rispetto alle opere che lo
precedono. La specificità di questa analisi risiede, appunto, nella sua scientificità. Luporini
individua nella nozione di formazione economico-sociale il criterio oggettivo con il quale
Marx svolge la sua critica. Le formazioni economico-sociali hanno carattere storico e per
questo possono essere indagate attraverso il «criterio scientifico generale della reiterabilità».
Marx individua nell’economia politica la scienza che gli consente di analizzare i rapporti reali
che costituiscono la società̀ civile. Questa scienza però, nella sua forma classica, mediante i
propri concetti, aveva compiuto delle naturalizzazioni. Andando a criticare e a mostrare la
genesi di certe elaborazioni teoriche dell’economia politica classica, come quella di valore, Marx mette in luce il processo che porta alla loro

generazione e così facendo ne individua il carattere storico, ma soprattutto la loro natura di

narrazione ideologica che occulta i nessi sussistenti tra la coscienza degli individui e i “modi
di produzione”
. Non si studia più la società e il progresso in generale, ma ci si focalizza su
uno specifico oggetto di indagine: il “modo di produzione” capitalistico.
L’apparenza della società capitalistica è la sua naturalità: gli individui che ne fanno parte la
percepiscono da sempre come naturale perché essa nasconde, in piena vista, i rapporti che la
regolano. L’uomo vede la società capitalistica che abita come naturale perché non comprende
e non coglie i nessi che la strutturano, percependola come qualcosa che gli è sempre già
“dato”. Marx individuando un nuovo dominio teorico, quello del “modo di produzione”
capitalistico, delimita il proprio oggetto di indagine attraverso una astrazione” concettuale,
che conferisce scientificità al suo discorso (per approfondire questa argomentazione rimando
allo Althusser di Leggere il Capitale). Marx coglie il carattere storico, la “storicità
specifica”
, della società capitalistica e riesce così a mettere in luce in che modo questa si
articoli, non scambiandola per qualcosa di “naturale”. Lo studio della società capitalistica e la
ricostruzione della genesi di certi processi compiuta da Marx nel Capitale è oggetto di studio
anche di Adorno.

L’ideologia dell’ immediatezza

Adorno, uno dei massimi esponenti della scuola di Francoforte, nel saggio intitolato Società
[1965] parla di come la società sia «intorno agli uomini e in essi». Uscendo dal contesto nel
quale Adorno si muove, possiamo attualizzare alcune sue intuizioni derivanti proprio da
questa sua concezione della società. Secondo Adorno, ci stiamo infatti dirigendo verso
un’epoca nella quale sono gli uomini stessi ad essere ideologia: l’ideologia non è più qualcosa
di mediato da determinate forme, ma diventa inerente agli individui stessi che compongono la
società e si fissa su di essi, che ne diventano il veicolo. Egli infatti afferma che, nel presente,
sono gli uomini in carne ed ossa ad essere ideologia.
Uno degli obiettivi filosofici di Adorno era quello di mostrare le false naturalità, ovvero
tutti quei processi che si presentano come naturali, ma che in realtà sono frutto di determinate
azioni umane. Adorno chiama il processo di scoperta della genesi di certi concetti “anamnesi
della genesi”
; vuole quindi rintracciare “le mediazioni, cioè i passaggi
costituenti la formazione di un certo processo. Così facendo, voleva presentare l’artificialità di
certe formazioni “naturali”, ponendosi nel solco del Marx del Capitale, che un secolo prima

già affermava: «il movimento di mediazione scompare nel proprio risultato e non lascia tracce
dietro di sé».

La società di Adorno

Per riuscire a comprendere come una certa forma ideologica venga incarnata dal corpo dei
singoli individui, torniamo al concetto di società in Adorno. Quest’ultimo considera la società
attuale come fosse una totalità, perché è costituita da «un principio sintetico che
immanentemente determina la connessione di ogni fatto sociale». Si tratta del principio
astratto dello scambio delle merci, che assolve tutte queste funzioni. Esso determina la società
come entità sociale: la relazione di scambio lega assieme, virtualmente, tutte le persone. Lo
scambio come principio astratto domina concretamente gli uomini.
La società basata sullo scambio compie questa autonomizzazione: i singoli sono agiti da
essa, nonostante siano essi stessi a comporla. L’apparenza domina in questa società, perché
quello che Marx definì “valore di scambio” cerca di predominare sul cosiddetto “valore
d’uso”
, come ben descrive Adorno: «Il “valore di scambio”, che nei confronti del “valore
d’uso”
ha un’esistenza puramente mentale, domina sul bisogno umano e al suo posto;
l’apparenza domina sulla realtà. In questo senso la società è il mito, e la sua chiarificazione
razionale è obbligatoria ora come sempre. Ma nello stesso tempo quell’apparenza è ciò che vi
è di più reale, la formula con cui venne stregato il mondo». Questa apparenza, dettata dal
valore di scambio, è reale, perché indica il mondo che ci circonda e che noi stessi
strutturiamo. Il mondo in cui viviamo ha bisogno sempre di una sua chiarificazione utile a
rintracciare la genesi di determinati processi, così da non scambiarli per naturali. Adorno
definisce infatti la società «cieca “natura”»: una “natura” artificiale e cieca, perché si presenta
come già data, immediata per la coscienza degli individui che la compongono.

Conclusioni

Tramite le due analisi marxiste di Luporini e Adorno si è così cercato di mostrare che il
rapporto tra apparenza ed essenza della Società è frutto di “mediazioni” che spesso non
riusciamo a cogliere. Ciò è dovuto al fatto che siamo manchevoli di cornici adeguate entro le
quali osservare questi processi, avvolti in una “cieca naturalità”. Dunque, tornando a
rispondere alla domanda posta in apertura della riflessione, i singoli non possono che essere
espressione della totalità che abitano e di cui fanno parte. Il principio dello scambio fa sì che
questa totalità sociale sia percepita come naturale: gli individui che appartengono a questa
totalità sono loro stessi vittime dell’ideologia dell’immediatezza che caratterizza questo

genere di società e dimenticano di esserne a loro volta gli agenti sociali. È l’individuo il
portato ideologico della società capitalistica perché incarna la dimenticanza che questa
professa.

Bibliografia

T. W. Adorno, Società, 1965, in Scritti sociologici, Einaudi, Torino 1976, pp. 210-230.
T. W. Adorno, Sociologia e ricerca empirica, in, Dialettica e positivismo in sociologia,
dieci interventi nella discussione, Einaudi, Torino 1972, pp. 83-103.
Louis Althusser, Dal Capitale alla filosofia di Marx, in Lire le Capital, Parigi 1965, (a cura
di Maria Turchetto e Vittorio Morfino, Leggere il Capitale, MIMESIS, Milano-Udine 2006,
pp. 17-65).
Louis Althusser, L’oggetto del Capitale, in AA. VV, Leggere il Capitale, op. cit., pp. 165-
270.
G. Debord, La Società dello spettacolo, (1967), SugarCo Edizioni, Milano 1990.
Alfonso Maurizio Iacono, Teorie del feticismo. Il problema filosofico e storico di un
«immenso malinteso»
, Giuffrè, Pisa 1985
Cesare Luporini, Dialettica e materialismo, Editori Riuniti, Roma 1974.
Karl Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Oekonomie, Band I, 1867, (tr. it. di D.
Cantimori, Il Capitale. Critica dell’economia politica, Libro I, Editori Riuniti, Roma 1970).

Karl Marx-Engels Die Deutsche Idelogie, 1932, (tr. it. di Fausto Codino, L’ideologia
tedesca
, Editori Riuniti, Roma 1975).
Giovanni Neri, Maurizio Genuardi, Genetica umana e medica – 2^ Edizione, Elsevier,
Masson, 2015.
T. Redolfi Riva, Teoria critica della società? Critica dell’economia politica. Adorno,
Backhaus, Marx. In «Consecutio Temporum», Storia delle idee, 2013, Numero 5.
Sebastiano Taccola, Il Capitale, per molti e non per pochi, Jacobin, 21/01/2022.
J. Tolentino, The Age of Instagram Face, The New Yorker, 12 Dicembre 2019, URL, https://www.newyorker.com/culture/decade-in-review/the-age-of-instagram-face.