Non chiamatelo moneta!

Bitcoin è certamente uno dei prodotti più rappresentativi della nostra era. Sempre più spesso sentiamo parlare delle sue improvvise (e apparentemente inspiegabili) fluttuazioni di valore, le quali contribuiscono a determinarne il fascino e la desiderabilità. In realtà il carattere di queste violente oscillazioni non è episodico ma strutturale.

Com’è possibile? Per provare a capirlo, cerchiamo innanzitutto di trovare una risposta alla domanda: che cos’è bitcoin?[1]

Bitcoin è «la prima forma compiuta di contante digitale», mezzo di scambio di un complesso ed evoluto circuito di pagamento digitale, diretto (peer to peer), anonimo, a costo zero. Come moneta, bitcoin assolve alla triplice funzione di

  1. mezzo di scambio;
  2. riserva di valore;
  3. unità di conto.

Ma, a differenza delle monete tradizionali, esso costituisce una riserva di valorefinita: una volta raggiunta la soglia di 21 milioni di unità, l’algoritmo generatore cessa di emetterne ulteriori, rendendo così invariabile ab initio la quantità disponibile.

bitcoin

L’anonimato e l’invariabilità rispondono esplicitamente all’obiettivo di creare un circuito di scambi e pagamenti in grado di aggirare il controllo bancario compromettendone così l’oligopolio. Autolimitandosi informaticamente, bitcoin cede a un algoritmo la discrezionalità sull’offerta di moneta da immettere nel circuito degli scambi, sottraendo a banche e istituti di credito la gestione del sistema dei pagamenti.

L’insieme delle transazioni compiute è reso pubblico attraverso la cosiddetta blockchain, (letteralmente: “catena di blocchi”) che tiene traccia, sotto cifratura, dell’identità dell’ordinante, del beneficiario e l’importo trasferito.

Tale cifratura alfanumerica protegge gli utenti dalle autorità di controllo finanziario, di modo che le transazioni si rendano visibili ma celando l’identità dei soggetti coinvolti. Vista l’assenza di un organo di controllo, la validazione delle transazioni è affidata all’intera comunità di utenti, che le decriptano e autorizzano.

Perché converrebbe assumersi questa responsabilità? Semplice: per ogni blocco validato (e quindi per un certo numero di operazioni svolte) dai miners (gli utenti che si incaricano di “spacchettare” e autorizzare i blocchi di transazioni) il circuito ripaga… in bitcoin; ça va sans dire: lavora per il sistema ed esso ti ricompenserà.

Ma torniamo sulla questione della volatilità. Il 10 novembre 2021 bitcoin ha toccato il valore storico di $68.000 per unità. Poco più di due settimane dopo, il 26 novembre, la criptovaluta perde oltre il 20% del suo valore di mercato[2].

Come si spiega tutto questo? Come ci ricordano Amato e Fantacci, al pari di tutti gli asset, (ovvero i beni che possono essere soggetti a operazioni di scambio e compravendita in un libero mercato) bitcoin sottostà alla legge della domanda e dell’offerta. Questo significa che il suo prezzo aumenta in funzione

  1. del suo valore regolato in base alla sua reperibilità sul mercato;
  2. dell’intensità del desiderio degli agenti economici disposti a comprare.

Ma come precisano gli stessi, le dinamiche dei mercati finanziari sono diverse dai mercati dei beni “materiali”: mentre in quest’ultimi l’aumento del prezzo conduce a una diminuzione della domanda, nei primi l’aumento di prezzo si traduce in una maggiore appetibilità sul mercato, spingendo a un aumento della domanda.

La fissità dell’offerta cui è soggetto bitcoin completa il quadro, predisponendolo a valorizzazioni repentine che fanno leva sulla sua scarsità programmata. Sebbene presentato come il futuro della moneta, bitcoin finisce per disattendere a due delle sue principali funzioni: mezzo di scambio e riserva di valore. Un bene che muta il suo prezzo (che, ricordiamo, sul mercato corrisponde al valore) così bruscamente come potrebbe rappresentare un giusto mezzo di scambio e un’affidabile riserva di valore?

Altro punto critico di bitcoin sta nella sua naturale predisposizione all’oligopolio tecnico-finanziario. È facile dedurre che solo coloro che possono permettersi di acquistare bitcoin o di estrarli dalla blockchain finiscono per detenere i maggiori vantaggi del loro possesso. 

L’impossibilità di aggiustamento dell’offerta (che rende bitcoin una moneta puramente deflazionistica) finisce per condurre l’aumento di valore a vantaggio di chi già ne detiene enormi quantità, con buona pace di chi non ha le possibilità di investire al prezzo corrente. Ma, ancora una volta, che moneta è quella che si rende fruibile solo per pochi?

Dalla paventata democratizzazione delle transazioni a una pericolosa concentrazione di potere d’acquisto il passo è breve: bitcoin finisce per eliminare un oligopolio al prezzo di costituirne un altro.

Che cos’è il denaro per noi?

Il ruolo giocato oggigiorno da bitcoin riconduce a alcune considerazioni interessanti avanzate dal filosofo tedesco Georg Simmel nella sua Filosofia del denaro.

In quella che è probabilmente la sua opera più famosa, Simmel descriveva come nella società di primo Novecento si fosse ormai consolidato (a partire proprio dal denaro) una generale inversione del rapporto mezzo-fine.

Prima che questo avvenisse, Simmel precisava come il valore del denaro si costituisse,aucontraire, nella strutturazione direlazioni tra soggetti e oggetti, tra persone e cose. Il denaro, pertanto, assolveva alle sue funzioni naturali nei momenti in cui riusciva a relazionare.

La perdita di questa funzione strumentale porta alla decomposizione della sua struttura ontologica la quale, per il kantiano Simmel, lo costituisce in quanto mezzo in rapporto a un fine, non fine in se stesso. Quest’ultimo può essere solamente l’uomo.

Bitcoin

Tutta l’importanza del denaro poggia per Simmel su questa sua funzione “relazionatrice”: in un mondo dove il soddisfacimento dei bisogni e la realizzazione dei desideri fosse realizzabile individualmente, il denaro non avrebbe scopo di esistere.

Ma questa è, per chiari motivi, un’ou-topia, un non-luogo. Nel corso dello sviluppo della civiltà, il denaro ha gradualmente rotto le catene che lo ancoravano a una concezione strumentalista, come scrive Simmel in un passaggio della Filosofia del denaro:

«Mai un oggetto il quale debba il suo valore esclusivamente alla sua qualità di mezzo, […] ha raggiunto così radicalmente e senza riserve una simile assolutezza psicologica di valore, divenendo un fine ultimo che invade completamente la coscienza pratica. Questo sfociare di ogni desiderio nel denaro, questa sua definitiva desiderabilità, aumento proprio nella misura in cui il denaro assume il carattere di mezzo in modo sempre più puro.

[…]Aumentando il suo valore in quanto mezzo, aumenta anche il suo valore di mezzo, e, precisamente, a un punto tale che il denaro vale come valore in senso assoluto e la coscienza del fine si arresta definitivamente in esso. La polarità interna dell’essenza del denaro: essere il mezzo assoluto e diventare proprio per questo psicologicamente il fine assoluto per la maggior parte degli uomini, ne fa in modo particolare un simbolo, nel quale i grandi principi regolativi della vita pratica si sono in un certo senso irrigiditi»

La funzione simbolico-culturale che il denaro esprime oggi trova una delle sue migliori manifestazioni nell’affermazione delle criptovalute, che lungi dall’essere mezzo di costruzione di relazioni economico-sociali, costituiscono forme di smartpropertya tutti gli effetti.

Ci sarebbe da chiedersi cosa c’è di democratico o, peggio ancora, di anti-democratico nella concentrazione di enormi poteri di acquisto legittimati da una forma di possesso nominale assoluto e difficilmente controllabile.

Difficile concludere quale sia il punto di maggior pericolosità di bitcoin e simili, se la “rigidità” dei suoi criteri di emissione, l’anonimato degli utilizzatori o il suo doppio gioco tra semplice mezzo di scambio e assetspeculativo.

Quel che è facile è vedere come le potenziali conseguenze non paiano rilevanti per chi nelle criptovalute vede il futuro dell’economia. Sorge qui il legittimo sospetto che dietro lo sviluppo di tecniche “necessarie” al progresso dell’umanità possano celarsi discutibili concezioni del concetto di uomo.

Nel nostro caso, nel fatto che le criptovalute, contribuendo all’aumento del grado di rarefazione di un capitalismo già in uno stadio estremamente volatile, avallino un regime di scambi pensabile solo tra individui autonomi eassolutamente razionali, pienamente coscienti e responsabili delle loro scelte, padroni indiscussi del proprio destino.

Tale irrealistica ineffabilità della condizione umana si riflette nella forma di ricchezza che bitcoin implicitamente concepisce: individuale, immodificabile, controllabile solo dal suo proprietario, nella cui vita competizione e mercato dettano il ritmo dell’esistenza, nella convinzione che la sfera della proprietà assoluta e non condivisa costituisca la premessa necessaria (e sufficiente) per un individuo che voglia dirsi libero. Scrivono Amato e Fantacci:

«Dal punto di vista Bitcoiniano la moneta non è solo una merce, ma la merce delle merci. Al contempo la più globale e la più individuale, che realizza la libertà assoluta dell’individuo come libertà da ogni istanza moderatrice delle sue assolute pretese

[…] Rinunciando alla politica monetaria e al controllo, anche soltanto indiretto, del valore della moneta, il sistema Bitcoin non può assicurare altro che una giustizia commutativa, e per di più in termini soltanto nominali. Quale operatore economico che non sia un puro speculatore potrebbe mai accontentarsi di un sistema simile?

[…] l’impolitica politicità di Bitcoin sta tutta nell’immagine di società che essa veicola: individui tutti uguali, differenziati solo dalle loro proprietà […] un darwinismo totale in cui l’individuo si ripiega sulla sua assoluta autonomia […] reificata nel possesso di bitcoin»

Secondo Simmel le illusioni del possesso di denaro si concretizzano nel “potere della pura possibilità”. Ma questa, per l’appunto, è pura illusione: in fin dei conti il denaro (persino nella sua forma crypto) non riesce mai a svincolarsi dalla sua essenza di strumento neutrale, indifferente nei confronti delle sorti delle esigenze degli uomini.

In un certo senso, dunque, esso si prende costantemente gioco di noi nel rivelarsi per quel che è, ovvero, nelle parole di Simmel: «l’oggetto più inadeguato, ma anche il più adeguato, al nostro desiderio».


[1]Le nozioni basilari su bitcoin qui presentate sono tratte da: M. Amato – L. Fantacci,Per un pugno di bitcoin. Rischi e opportunità delle monete virtuali, Università Bocconi Editore, Milano 2018. La prima presentazione di bitcoin da parte del suo creatore Satoshi Nakamoto è racchiusa nel paper: https://bitcoin.org/bitcoin.pdf

[2]https://ilmanifesto.it/bitcoin-sfonda-record-dei-68mila-dollari; https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/software_app/2021/11/26/tonfo-del-bitcoin-20-da-record-10-novembre_6143c6ae-d3d7-4212-89a2-6e57c6d62a04.html